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Sacra Bibbia - APOSTOLI - APOSTOLI 26

APOSTOLI 26:5-27

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5Poichè mi hanno innanzi conosciuto fin dalla mia prima età, e sanno (se voglion renderne testimonianza), che secondo la più squisita setta della nostra religione, son vissuto Fariseo.
6Ed ora, io sto a giudicio per la speranza della promessa fatta da Dio a' padri.
7Alla quale le nostre dodici tribù, servendo del continuo a Dio, giorno e notte, sperano di pervenire; per quella speranza sono io, o re Agrippa, accusato da' Giudei.
8Che? è egli da voi giudicato incredibile che Iddio risusciti i morti?
9Ora dunque, quant'è a me, ben avea pensato che mi conveniva far molte cose contro al nome di Gesù il Nazareo.
10Il che eziandio feci in Gerusalemme; ed avendone ricevuta la podestà da' principali sacerdoti, io serrai nelle prigioni molti de' santi; e, quando erano fatti morire, io vi diedi la mia voce.
11E spesse volte, per tutte le sinagoghe, con pene li costrinsi a bestemmiare; ed infuriato oltre modo contro a loro, li perseguitai fin nelle città straniere.
12Il che facendo, come io andava eziandio in Damasco, con la podestà, e commissione da parte de' principali sacerdoti, io vidi, o re, per lo cammino, di mezzo giorno,
13una luce maggiore dello splendor del sole, la quale dal cielo lampeggiò intorno a me, ed a coloro che facevano il viaggio meco.
14Ed essendo noi tutti caduti in terra, io udii una voce che mi parlò, e disse in lingua ebrea: Saulo, Saulo, perchè mi perseguiti? ei ti è duro di ricalcitrar contro agli stimoli.
15Ed io dissi: Chi sei tu, Signore? Ed egli disse: Io son Gesù, il qual tu perseguiti.
16Ma levati, e sta' in piedi; perciocchè per questo ti sono apparito, per ordinarti ministro, e testimonio delle cose, le quali tu hai vedute; e di quelle ancora, per le quali io ti apparirò,
17riscotendoti dal popolo, e dai Gentili, a' quali ora ti mando;
18per aprir loro gli occhi, e convertirli dalle tenebre alla luce, e dalla podestà di Satana a Dio; acciocchè ricevano, per la fede in me, remission de' peccati, e sorte fra i santificati.
19Perciò, o re Agrippa, io non sono stato disubbidiente alla celeste apparizione.
20Anzi, prima a que' di Damasco, e poi in Gerusalemme, e per tutto il paese della Giudea, ed a' Gentili, ho annunziato che si ravveggano, e si convertano a Dio, facendo opere convenevoli al ravvedimento.
21Per queste cose i Giudei, avendomi preso nel tempio, tentarono d'uccidermi.
22Ma, per l'aiuto di Dio, son durato fino a questo giorno, testificando a piccoli ed a grandi; non dicendo nulla, dalle cose infuori che i profeti e Mosè hanno dette dovere avvenire.
23Cioè: che il Cristo sofferirebbe; e ch'egli, ch'è il primo della risurrezion de' morti, annunzierebbe luce al popolo, ed a' Gentili.
24Ora, mentre Paolo diceva queste cose a sua difesa, Festo disse ad alta voce: Paolo, tu farnetichi; le molte lettere ti mettono fuor del senno.
25Ma egli disse: Io non farnetico, eccellentissimo Festo; anzi ragiono parole di verità, e di senno ben composto.
26Perciocchè il re, al quale ancora parlo francamente, sa bene la verità di queste cose; imperocchè io non posso credere che alcuna di queste cose gli sia occulta; poichè questo non è stato fatto in un cantone.
27O re Agrippa, credi tu a' profeti? io so che tu ci credi.

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