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Sacra Bibbia - APOSTOLI - APOSTOLI 17

APOSTOLI 17:10-33

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10E i fratelli subito di notte mandarono via Paolo e Sila, in Berrea; ed essi, essendovi giunti, andarono nella sinagoga de' Giudei.
11Or costoro furon più generosi che gli altri ch' erano in Tessalonica; e con ogni prontezza ricevettero la parola, esaminando tuttodì le scritture, per vedere se queste cose stavano così.
12Molti adunque di loro credettero, e non piccol numero di donne Greche onorate, e d'uomini.
13Ma, quando i Giudei di Tessalonica ebbero inteso che la parola di Dio era da Paolo stata annunziata eziandio in Berrea, vennero anche là, commovendo le turbe.
14Ma allora i fratelli mandarono prontamente fuori Paolo, acciocchè se ne andasse, facendo vista di andare al mare; e Sila, e Timoteo rimasero quivi.
15E COLORO che aveano la cura di por Paolo in salvo, lo condussero sino in Atene; e, ricevuta da lui commission di dire a Sila, ed a Timoteo, che quanto prima venissero a lui, si partirono.
16Ora, mentre Paolo li aspettava in Atene, lo spirito suo s'inacerbiva in lui, veggendo la città piena d'idoli.
17Egli adunque ragionava nella sinagoga coi Giudei, e con le persone religiose, ed ogni dì in su la piazza con coloro che si scontravano.
18Ed alcuni de' filosofi Epicurei, e Stoici, conferivan con lui. Ed alcuni dicevano: Che vuol dire questo cianciatore? E gli altri: Egli pare essere annunziatore di dii stranieri; perciocchè egli evangelizzava loro Gesù, e la risurrezione.
19E lo presero, e lo menarono nell'Areopago, dicendo: Potrem noi sapere qual sia questa nuova dottrina, la qual tu proponi?
20Perciocchè tu ci rechi agli orecchi cose strane; noi vogliamo dunque sapere che cosa si vogliano coteste cose.
21Or tutti gli Ateniesi, e i forestieri che dimoravano in quella città, non passavano il tempo ad altro, che a dire, o ad udire alcuna cosa di nuovo.
22E Paolo, stando in piè in mezzo dell'Areopago, disse: Uomini Ateniesi, io vi veggo quasi troppo religiosi in ogni cosa.
23Perciocchè, passando, e considerando le vostre deità, ho trovato eziandio un altare, sopra il quale era scritto: ALL'IDDIO SCONOSCIUTO. Quello adunque il qual voi servite, senza conoscerlo, io ve l'annunzio.
24L'Iddio che ha fatto il mondo, e tutte le cose che sono in esso, essendo Signore del cielo e della terra, non abita in tempii fatti d'opera di mani.
25E non è servito per mani d'uomini, come avendo bisogno d'alcuna cosa; egli che dà a tutti e la vita, e il fiato, ed ogni cosa.
26Ed ha fatto d'un medesimo sangue tutta la generazion degli uomini, per abitar sopra tutta la faccia della terra, avendo determinati i tempi prefissi, ed i confini della loro abitazione;
27acciocchè cerchino il Signore, se pur talora potessero, come a tastone, trovarlo: benchè egli non sia lungi da ciascun di noi.
28Poichè in lui viviamo, e ci moviamo, e siamo; siccome ancora alcuni de' vostri poeti hanno detto: Perciocchè noi siamo eziandio sua progenie.
29Essendo noi adunque progenie di Dio, non dobbiamo stimar che la Deità sia simigliante ad oro, o ad argento, od a pietra; a scoltura d'arte, e d'invenzione umana.
30Avendo Iddio adunque dissimulati i tempi dell'ignoranza, al presente dinunzia per tutto a tutti gli uomini che si ravveggano.
31Perciocchè egli ha ordinato un giorno, nel quale egli giudicherà il mondo in giustizia, per quell'uomo, il quale egli ha stabilito; di che ha fatta fede a tutti, avendolo suscitato da' morti.
32Quando udirono mentovar la risurrezion de' morti, altri se ne facevano beffe, altri dicevano: Noi ti udiremo un'altra volta intorno a ciò.
33E così Paolo uscì del mezzo di loro.

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